Secondo l’hr trends di Randstad il 39% dei manager parla di resistenza al cambiamento dei colleghi: servono leader capaci di motivare, ma solo uno su 3 sa farlo
C’è l’ondata dei pensionamenti e dei prepensionamenti che nasce con le nuove normative (è il caso di Quota 100 o Opzione donna) o con le ristrutturazioni. C’è l’ondata delle nuove assunzioni. E c’è il turn over naturale. Poi ci sono i nuovi progetti da seguire, l’innovazione, la tecnologia, i percorsi di carriera, la rotazione dei ruoli. Non mancano, in tutto questo, i colleghi che si oppongono al cambiamento, un tema denunciato dal 39% dei responsabili delle risorse umane, secondo lo studio Hr trends and salary report 2019, realizzato da Randstad in collaborazione con l’Alta scuola di psicologia Agostino Gemelli dell’Università Cattolica.
Le organizzazioni, tutte, tanto le più grandi quanto le pmi, sono alle prese con un cambiamento che, soprattutto per effetto della tecnologia e dell’innovazione, sta avvenendo in maniera molto più veloce di quanto si potesse immaginare solo qualche anno fa. Dal report emerge che il 78% dei 169 manager delle risorse umane intervistati pensa che sia necessario attivare processi di cambiamento organizzativo per rendere le imprese più competitive. «C’è però un bilanciamento tra la creazione di un buon clima tra le persone e l’esigenza di avere una squadra performante che oggi è molto importante – osserva l’amministratore delegato di Randstad, Marco Ceresa -. Senza un buon clima non si possono ottenere grandi risultati, ma è anche vero che non si deve cadere nella facile situazione in cui si perdono di vista gli obiettivi pur di mantenere un buon clima. In organizzazioni che cambiano continuamente è questo bilanciamento che deve essere raggiunto».
Le sfide
Tre responsabili delle risorse umane su quattro sono alle prese con un aumento dell’organico che è dovuto a diversi fattori: in poco meno di un caso su due (46%) per inserire nuove competenze, nel 26% per far fronte alle uscite per pensionamento, nel 20% per il turn over. Cosa viene ricercato tra i candidati? Competenze professionali specifiche (51%), esperienza (35%) e capacità di lavorare in gruppo. In ogni caso la maggior parte delle organizzazioni ha in agenda piani di formazione per compensare i gap.
L’evoluzione della leadership
La consapevolezza che sia necessario cambiare il modo di lavorare, i processi interni e la direzione operativa (78% dei manager intervistati) va di pari passo con la consapevolezza che la leadership ha caratteristiche diverse dal passato: il leader deve essere capace di ispirare e motivare gli altri, secondo quanto dicono il 69% degli hr manager. A questo proposito va però notato che nei leader attuali primeggiano soprattutto le capacità analitiche e di risoluzione dei problemi (58%), ma solo uno su tre ha la capacità di ispirazione e motivazione. Caterina Gozzoli, direttore dell’alta scuola in psicologia A.Gemelli dell’Università Cattolica, parla di progressiva crescita di consapevolezza nelle imprese «del bisogno di figure in grado di governare processi che connettano la dimensione relazionale con quella della produttività. Quello che ancora si continua a cercare è una figura capace di incarnare il mito del leader solitario, in grado di farsi carico di queste attese e della conseguente delega di responsabilità. È quindi evidente la necessità di un management che accompagni gli attori organizzativi a tradurre in linee operative e dispositive una cornice progettuale condivisa».
Tra resistenze e nuove idee
Se da un lato le imprese sono nel bel mezzo di un cambiamento profondo, dall’altro gli hr manager indicano una rosa di fattori che lo ostacolano: il primo, indicato dal 39%, è la resistenza dei colleghi, il secondo la cultura aziendale (36%), il terzo la mancanza di tempo (27%). Lo sviluppo di nuove idee viene riconosciuto come un fattore chiave per innovare ed è una necessità per quasi il 70% delle imprese. Oggi la generazione di nuove idee avviene soprattutto attraverso processi informali e in misura minore attraverso team di lavoro predisposti e o appositi processi strutturati. In una percentuale minore, anche se non così residuale, non c’è alcun processo di generazione di nuove idee. Però, osserva Cerasa, «per portare a conclusione con successo il percorso di innovazione servono alcune condizioni: un leader collettore del processo, un’area di informazioni per il personale e la fiducia all’interno del team, insieme a un’adeguata cultura aziendale e la predisposizione di premi e riconoscimenti ad hoc». Nella cassetta degli attrezzi dei manager diventano così fondamentali la capacità di creare un buon clima, la comunicazione interna e il riconoscimento interno della leadership.