Settembre 22, 2020 Studio Associato

Lavoro, per il 64% dei manager non c’è scambio di competenze tra senior e junior

Sondaggio FiordiRisorse su duemila dirigenti. Per la maggior parte del campione, la propria azienda non ha progetti per favorire lo scambio generazionale

Da un lato ci sono i senior, con competenze acquisite nel corso degli anni che sono anche il frutto dell’esperienza. Dall’altro gli junior, che il corredo di conoscenze se lo devono costruire. I primi mostrano una certa diffidenza nei confronti dei secondi, che a loro volta vogliono bruciare le tappe, non sono disponibili a fare gavetta. «Un contesto che non facilita lo scambio generazionale di competenze – dice Osvaldo Danzi, recruiter e presidente di FiordiRisorse, business community di Linkedin che aggrega circa 8mila tra aziende e manager -. Anche perché le aziende tendono, per ragioni di costi, a eliminare i profili senior per sostituirli con i giovani, ai quali però chiedono di garantire gli stessi risultati assicurati dai primi, che però hanno venti o trent’anni di esperienza alle spalle». Proprio a FiordiRisorse si deve una ricerca nazionale sulla cultura del lavoro che ha coinvolto, da marzo a luglio scorsi, duemila tra dirigenti e responsabili d’azienda. Ricerca che conferma da un lato il solco che separa grandi e piccoli aziende dall’altro la resistenza culturale di queste ultime a considerare la formazione come uno strumento fondamentale per la crescita.

Mancato trasferimento di competenze

Per ben il 64,1% degli intervistati infatti, la propria azienda non ha progetti per favorire lo scambio generazionale e valorizzare le reciproche competenze tra giovani e più anziani. “Un problema collegato alle dimensioni dell’impresa – spiega Danzi -. Le aziende maggiormente strutturate hanno piani di formazione per accompagnare i giovani e per farli diventare bravi manager. Ma il sistema imprenditoriale italiano è fatto prevalentemente di piccole e medie imprese a conduzione famigliare che si tramandano quasi sempre dai padri ai figli: solo che questi ultimi difficilmente fanno esperienze in contesti diversi, all’estero o in multianzionali”. Risultati che sembrano dimostrare come sulla cultura del lavoro e della sua organizzazione l’Italia abbia ancora molta strada da fare. Senza grandi differenze, peraltro, tra Nord e Sud del Paese. “Molte imprese – prosegue Danzi – non hanno nemmeno un direttore del personale. Se c’è è un amministrativo: manca la consapevolezza dell’importanza della gestione delle risorse umane”. La ricerca sarà presentata a Nobilita, il festival sulla cultura del lavoro promosso da FiordiRisorse a Bologna (il 25 e il 26 settembre a Fico Eataly World) e giunto alla terza edizione. Mostra come la formazione non sia ancora considerata strategica da molte imprese (secondo il 52,8% degli interpellati la propria azienda non stimola percorsi di aggiornamento professionale) e come sia debole l’investimento sul personale: quasi il 65% afferma che la mobilità interna viene comunicata in modo non adeguato e trasparente per favorire processi di crescita dei collaboratori. «In pratica molte aziende non conoscendo le risorse di cui dispongono preferiscono reclutare professionalità esterne, demotivando in questo modo il personale», spiega Danzi. Non va meglio quando si prende in considerazione la retribuzione, considerata non adeguata dal 58,3% degli interpellati. Condizioni che riguardano anche distretti industriali innovativi e che secondo i vertici di FiordiRisorse spesso chiamano in causa l’assenza di confronto all’interno della stessa categoria dei direttori del personale. Anche di questo si parlerà a Nobilita, dove si alterneranno 60 relatori tra imprenditori, dirigenti d’azienda, docenti universitari, formatori. Al centro del dibattito temi come l’occupazione e la leadership femminile, la scuola e la formazione, l’etica.

 

Di Natascia Ronchetti per il sole 24ore

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