Nel periodo 2019- 2023 il rapporto tra gli 893.600 neolaureati in ingresso sul mercato del lavoro italiano e il fabbisogno previsto è compreso a seconda degli scenari tra 0,88 e 0,93. Ciò significa che ci saranno fra gli 88 e i 93 neo laureati ogni 100 posti disponibili. La carenza di offerta potrà essere solo in parte riequilibrata attingendo al bacino dei laureati disoccupati a causa del cronico disallineamento italiano fra titoli di studio richiesti dal mercato e titoli scelti dai giovani. Secondo lo studio «New Skills at Work» 20 condotto da JpMorgan e Università Bocconi, l’Italia è al terzo posto al mondo (dopo la Corea del Sud e la Gran Bretagna) in quanto a «mismatch» fra domanda e offerta. Questa è una delle principali cause dell’elevata difficoltà di reperimento dei laureati costantemente segnalata dalle indagini Excelsior. Non solo abbiamo pochissimi giovani laureati (il 28% contro un obiettivo europeo del 40%) ma, a differenza di altri Paesi, non abbiamo quelli giusti: la Germania laurea molti più giovani in informatica, ingegneria ed economia, mentre l’Italia ha molti più laureati in scienze sociali e in discipline artistiche e umanistiche. D’altra parte però il nostro tessuto industriale fatto di piccole e medie imprese a basso valore aggiunto tende a non valorizzare i laureati tanto che si registra un tasso di sovra-qualificazione del 20 per cento (un lavoratore su cinque). E i più colpiti sono proprio i laureati «STEM» (in discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche), che da noi ancora faticano a trovare un impiego all’altezza del loro livello di specializzazione.
Fonte Corriere della sera