Dopo l’annuncio, i numeri. Che non sono un dettaglio perché parliamo di soldi. Nei giorni scorsi il governo ha annunciato l’intenzione di modificare dal prossimo anno il congedo di maternità, portandolo a sei mesi rispetto ai cinque di oggi. E soprattutto stabilendo che il 20% del congedo, poco meno di un mese, debba essere fatto obbligatoriamente dal papà. Sarebbe un rivoluzione. Ma come tutte le rivoluzioni ha un costo, perché quel mese in più andrebbe pagato dallo Stato, visto sarebbe l’Inps a versare l’assegno di maternità al posto dello stipendio a carico dal datore di lavoro.
Sono stati fatti i primi conti. Quel mese aggiunto al congedo di maternità avrebbe un costo di circa 350 milioni di euro l’anno. Più o meno la stessa cifra dell’ultimo prestito confezionato dal governo per tenere in piedi Alitalia, per farsi un’idea. Oppure l’equivalente di un aumento di un centesimo sulle accise dei carburanti. Per far partire la riforma, però, il governo non ha intenzione di mettere nuove tasse. La cosa non sarebbe in linea con il mantra di questo governo, che le tasse ha promesso di abbassarle.
Gran parte dei soldi necessari, infatti, dovrebbero venire dai fondi europei, che spesso fatichiamo a spendere come dovremmo. E in particolare da quei fondi per le politiche di conciliazione che oggi vengono utilizzati per piccoli interventi . «Finora abbiamo puntato sulle politiche di conciliazione tra lavoro e cura dei figli» spiega Francesca Puglisi, sottosegretario al Lavoro per il Pd, la prima a parlare di questa riforma. «Ma alla fine — aggiunge — sono sempre le donne a dover conciliare. E allora dobbiamo passare alla condivisione, dove sono tutti e due i genitori a farsi carico del lavoro di cura». Proprio per questo, è confermato che il 20% del congedo a carico del padre sarà obbligatorio e non facoltativo, come invece qualcuno ha detto in questi giorni.
Ma quali saranno i tempi? Entro la fine di marzo il governo dovrebbe presentare un disegno di legge per mettere sul tavolo la questione. E per preparare la strada del Def, il Documento di economia e finanza che traccia la strada per la Legge di Bilancio, la vecchia Finanziaria da approvare entro la fine dell’anno. Ma la partita finale si giocherà proprio qui, sulla Legge di Bilancio, quando si dovranno far quadrare tutti i conti delle misure da far partire l’anno prossimo. Tutto può ancora succedere ma l’impegno c’è, il costo è sostenibile e sembra difficile fare marcia indietro. Il 2021 dovrebbe essere davvero l’anno del congedo condiviso.
Di Lorenzo Salvia – Corriere della Sera